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Letture e poesie

MON

 

"Il pallone di Napoleone"

Si riporta, da un gustoso libretto del 1927 (trovato sulla bancarella di un rigattiere da Rino Casella), un interessante brano di notevole valore storico:

 

"In tema di esperienze aerostatiche eseguite a Roma, piacemi ricordare la caduta, in Anguillara Sabazia, presso Roma, del famoso pallone innalzato a Parigi il 16 dicembre 1804, in occasione delle feste per l’ incoronazione di Napoleone 1°.

Questa magnifica mongolfiera, che costò 23.500 franchi, fu uno dei numeri più belli del programma di quei festeggiamenti. Era tutta adorna di drappi, con sotto un’ aquila ed una corona imperiale illuminata da ben 3.000 vetri colorati. La partenza avvenne il 16 dicembre 1804, dall’ atrio di Notre Dame, mentre tutta Parigi acclamava.

Trasportato dal vento, nello spazio di poche ore, il pallone giunse in Italia, e andò a cadere ad Anguillara sul lago di Bracciano, dopo aver toccato terra più volte, e dopo aver urtato contro la cosiddetta tomba di Nerone, sulla via Cassia, ove lasciò impigliata una parte della corona imperiale.

Si dice che quando Napoleone venne a conoscenza di quest’ ultimo particolare, rimase profondamente turbato, poiché alla sua mentalità superstiziosa il fatto che la sua corona andasse ad infrangersi sulla tomba del famoso imperatore, la cui triste fine, dopo un periodo di gloria e di onori, è ben nota, gli apparve quale segno funesto; e si dice che in seguito a tale fatto Napoleone non volle più sentire parlare di Aeronautica.

Ora desidero qui dare una notizia che pochi conoscono. Questo famoso aerostato di Parigi esiste tuttora, e si trova ben conservato nei magazzini del Vaticano. Esso è pertanto il più antico cimelio aeronautico che si possegga, non trovandosi, per quel che si sappia, in nessun luogo un oggetto simile che rimonti più in là del 1804.

L’ avvenimento della caduta del pallone ad Anguillara Sabazia è riportato in parecchi documenti storici. Il primo è una lettera che il duca di Mondragone dirigeva da Anguillara al card. Consalvi, segretario di Stato di Pio VII: "Ieri sera, 17 dicembre, verso le ventiquattro ore (circa il tramonto del sole secondo l’ orologio italiano) si vide comparire nell’ aria un globo di smisurata grandezza che a poco a poco cadde nel lago di Bracciano nelle cui acque sembrava una casa galleggiante.

Diversi navicellai vennero spediti nella stessa notte perché se ne impadronissero e lo conducessero a terra, ma insorsero tra loro alcuni alterchi, i quali impedirono l' operazione. Ritornativi questa mattina, per mezzo di una barca l’ hanno trasportato nella riva".

Il fatto della discesa ad Anguillara è raccontato dall’ abate Vincenzo Iacometti, il quale verso il 1810 scrisse alcune memorie storiche sulla città di Sabazia, memorie che si conservano tuttora inedite dal rev. don Angelo Zibellini parroco di Anguillara, alla cui cortesia debbo la comunicazione del brano che riguarda l’ aerostato di Napoleone.

Dice l’ abate Iacometti nel suo manoscritto: "Sotto questo principe (don Filippo Agapito Grillo), mentre godeva di dimorare in questo feudo di Anguillara, il dì 17 dicembre dell’ anno 1804, sul tramonto del sole, cadde poco lungi nel lago, un globo aerostatico di smisurata grandezza, fatto con ogni scrupolo di maestria, ed elevato il giorno innanzi sera, a Parigi, da un certo signor Garnerin. Non vi è notizia che mai altro simile globo abbia fatto un tragitto così considerabile, per il che molti a gran fatica s'indussero a crederlo, sebbene annunziato da pubblici fogli".

Il prof. Tomassetti nella sua opera: "La campagna romana, antica, medioevale e moderna (vol.2°)", parlando di Anguillara e del pallone di Napoleone aggiunge questo particolare:

"Gli uomini della casa Torlonia andarono a prendere l’ aerostato; ma siccome il terreno era di Anguillara ne derivò una causa tra don Giovanni Torlonia e il Duca di Mondragone, la quale finì con il sequestro del pallone per ordine di Pio VII. Difatti questo curioso oggetto si conserva ancora, in modo assai scomposto, nella Floreria del Vaticano". E nella Floreria del Vaticano rimase realmente fino a pochi anni fa, abbandonato e dimenticato.

Nel 1904, gli addetti alla Floreria Apostolica lo rinvennero casualmente in un angolo di un magazzino, dopo esattamente un intero secolo di oblio. Fu allora posto in una apposita cassa dove tuttora si trova. Della sua attuale conservazione non abbiamo che a rallegrarci. I danni causati dal lungo tempo trascorso e dall’ incuria degli uomini sono notevoli: di tutto il pallone non rimane che il solo involucro interno e la rete, l’ uno e l’ altra squarciate e corrose in più punti: dell’ antica bellezza e ricchezza non v’ è più nulla.

Questo antenato degli aeroplani, dei dirigibili e degli idrovolanti è una interessante memoria che Roma dovrà conservare. Come ho già detto, esso è il cimelio aeronautico più antico che si conosca. Quando si potrà realizzare il voto espresso da molti, di costruire qui in Roma un museo dell’ Aeronautica, l’ aerostato di Napoleone vi dovrà figurare in primo posto, essendo esso l’ unico superstite dell’epoca delle mongolfiere, e il più antico ricordo degli inizi dell’ Aeronautica".

Quanto auspicato dal P. Emanuelli, autore del libretto, è poi divenuto realtà. Il "Pallone di Napoleone" si trova attualmente a Vigna di Valle nel Museo storico dell’ Aeronautica.


"I palloni di Castel Sant'Elia (VT)"

di Alessandro Piacenti - da "Il Bollettino dell'Aria"

Chi si occupa di psicologia sa che le esperienze dei primi anni di vita sono i cardini sui quali s'impernia il resto dell'esistenza di un individuo. Per quanto mi riguarda la stessa teoria è valida anche per i "pallonari".

Avevo tre o quattro anni quando mio nonno mi portava nel laboratorio di "Zi' Lorenzo", pallonaro ufficiale (nonché severo barbiere, terrore di noi bambini perché, durante il taglio dei capelli, non ti chiedeva di girare la testa ma te la girava lui, all'improvviso, con la sua manona dalle dita nodose e dalla presa ferrea) del paesino di Castel S. Elia.

Mi piacevano quelle visite a casa del barbiere, era il mondo al rovescio. Non piú odore di brillantina, sapone da barba, discorsi seriosi di uomini grandi, tutte cose dalle quali un bambino era escluso, ma tanta carta colorata sul pavimento la cui gioiosa veduta mal si accostava al severo barbitonsore che di solito, giustiziando i miei capelli, troneggiava su di me con le forbici in mano, e che invece a casa sua, quando non officiava, era sotto di me, curiosamente carponi, che tagliava carta anziché capelli. Era la rivincita di una generazione intera ed io ne ero il testimone.

Non ricordo altro se non che esisteva, incredibile forse in un paese così piccolo, anche la concorrenza. Era questa impersonata da "Arbino", fratello di Zi' Lorenzo, pallonaro anche lui ma meno quotato del primo. Zi Lorenzo morì dopo pochi anni dalle visite che gli facevo da piccolo. Durante questi anni in cui visse ancora mio nonno non mi portò più nel laboratorio del "mago", vedevo pero' in occasione delle feste del paese le sue magie: i bellissimi palloni esagonali od ottagonali tipici di Castel S. Elia e, sia pur con qualche variante, di pochi paesi del basso Viterbese.

Fu durante le scuole medie che il "Pallonari batterii", contratto in tenera età ed incubato per tutto questo tempo si conclamo'. . . e cominciai a fare palloni, empiricamente; prima modellino in scala per verificarne la forma e poi pallone; prima le forme tipiche della zona e poi le altre. Con il tempo si accumularono esperienze, tecniche e soluzioni diverse che condividevo solo con mio fratello in quanto in zona sembrava tramontata l'arte di fare palloni.

Poi un giorno, nel '93 o nel '94 non ricordo bene, dopo circa 20 anni che avevo cominciato a costruire palloni, neanche digiuno, ebbi una visione. A Roma, in una piazzetta vicino Piazza Navona, vidi in aria un pallone rosso a forma di cuore ancorato ad uno spago. Fu necessario un solo secondo tra il vederlo, seguire lo spago fino alla mano che lo teneva e dirgli, al proprietario della mano:"Ciao bambino(ne), io sono Alessandro e faccio anche io i palloni, tu chi sei?".

Non ci crederete: era Cecco Peppe. Serafico come sempre, non fece una piega neppure quando, dopo avermi annunciato la recente nascita di una associazione di appassionati del pallone, chiamandolo "paisà", cominciai a balbettare concetti geografici tipo "strada per Damasco" ; fisici come " folgorazione"; religiosi nominando S. Paolo ecc.

Ci rivedemmo dopo poco a Papiano, in mezzo a tanti palloni e tanta gente simpatica, ognuno con le sue mongolfiere, le sue tecniche , la sua simpatia e i suoi entusiasmi. Provai una gioia grande nell' immergermi dopo tanti anni di palloni in solitaria, in una folla di pallonari.

Da allora sono iscritto all'ARIA e ancora adesso, quando mi arriva il bollettino, la prima cosa che guardo è la pagina dei nuovi iscritti. Nei miei sogni notturni vedo l'Italia come un grande bruciatore, con tutti i soci ARIA con il loro cannello del gas in mano e il globo terrestre, come un grande pallone gonfio di aria calda, che galleggia nell'universo... vabbe', mi sono gasato un po', scendo a terra e saluto tutti i pallonari del mondo, compresi quelli degli altri pianeti (ci saranno visto che il nostro non è il solo a galleggiare nell'universo).

Ecco del mondo è meraviglie e gioco
farmi grande in punto e lieve io sento
e col fumo nel grembo e al piede il foco
salgo per l'aria e mi confido al vento.
Marzo 1784 - Giuseppe PARINI


Regala ai bambini
frammenti di sogno
il cielo agli adulti
il mitico Peppe.
In frotta festanti
attorno al pallone
che sale nel cielo
lo sguardo tendiamo
e sfuma lontano
l'antica tensione
volare... sognare.
Aprile 1994 - Luigi PUCA

Lu pallò de "Spacchitt"

Ugne feste de lu Sande Patrò
Peppine facjave vulà 'nu pallò.
Ere fatte de carte veline
a strisce rosce, bianghe e verdine.
Mesurave, taijave, passave la colle a li burdure, retuccave ugne giundure.
L'arie nen tenave da 'ndrà
pecchè lu pallò se putave abbruscià.
La partenze ere 'na vere emozzione
ce vulave lu silenzie e l'attenzzione.
Parave lu capitane che sarpa lu mare
'uardave su 'nciele, dave 'n'ucchiate là a lu "Busciò"
eppuò appecciave lu fuoche dendre a 'llu pallò.
Piane appiane l'azzave
che 'na curdecelle sembre cchiù fuorte lu stregnave
e quille cchiù gruosse revendave,
s'abbuttave de cchiù
e se purtave li vracce de Peppine penenzù.
Isse che tre passe l'accumbagnave
eppuò, 'ndande che lu lascjave:
"Và, bielle miè!" J decjave.
Come a 'na criatura che 'mbare a cammenà.
'Llu mumende ce parave a tutte de vulà.

Marzo 2000 - Lalla DE DOMINICIS

 Traduzione

La mongolfiera di "Spacchitt" (Giuseppe Forlini)

Ogni festa del Santo Patrono
Peppino faceva volare un pallone.
Era costruito con la carta velina
a fusi rossi, bianchi e verdi.
Misurava, tagliava, passava la colla sui bordi,
ritoccava minuziosamente ogni giuntura.
L'aria non doveva assolutamente penetrare
perché il pallone poteva subito bruciare.
La partenza era molto emozionante:
c'era bisogno di silenzio e attenzione.
Sembrava il capitano della nave che salpa:
alzava lo sguardo verso il cielo, dava un'occhiata "a lu Busciò"
(a Ovest, nella vallata tra la montagna dei Fiori e monte Feltrone)
quindi accendeva il fuoco dentro quel "marchingegno" (il pallone).
Piano piano lo alzava,
con una cordicella lo teneva sempre più stretto
e quello diventava più imponente,
si gonfiava sempre di più
e sollevava le braccia di Peppino più su.
Egli con tre passi l'accompagnava
e mentre lo lasiava libero:
"Và, bello mio" gli diceva.
Come ad un bambino che impara i primi passi.
In quel momento ci sembrava tutti di volare.

 

 "Balão"!!!
Ele sobe, sobe solto…
Não tem dono.
Mas è feito de imaginação!
Nòs lhe demos formas.
Tantas formas…
Mas seu nome è so um.
Lhe chamamos carinhosamente,
"Balão"!!!
Bolamos cores, ornamentos,
Ele sobe cheio de sentimentos!
Suas lanternas coloridas…
Poe nòs seus amantes, tão queridas,
Dizem muito aqui dentro, dentro do peito
Vêlo subir è um momento ùnico,
Que deliciamos com muito respeito.
Suas chamas, falam de amor!
De um amor que quase doi…
Seu jeitão de dono do céu,
Transmite orgulho a quem constroi
De noite ou de dia,
Não escolhemos o momento,
Não tem Hora,è suspense,
Para soltar o monumento.
Là vai ele…
Tão cheio de si… tão adorado…
Ele sobe, sabendo queembaixo,
Todos o admiram, maravilhados
Là vai ele… tão querido!
Seguido de admiração!
Ha! Se suas chamas queimarem…
Queimarão junto um todo de meu coração
Ele subiu, subiu tão alto,
E' so um pontinho neste céu sem fim.
Ele agora è uma lembrança,
Que està dentro de mim.
"Balao"!!!

Traduzione (di Enrico Maddalena)

Pallone
Egli sale, sale libero…
Non ha padrone.
Ma è fatto di immaginazione!
Noi gli diamo forma.
Tante forme…
Ma il suo nome è uno solo.
Lo chiamiamo graziosamente,
"Balão"!!!
Lanciamo colori, ornamenti,
Egli sale carico di sentimenti!
Le sue lanternine colorate…
Per noi suoi amanti, così amate,
Dicono molto qui dentro, dentro al petto.
Vederlo salire è un momento unico,
Che ci delizia con molto rispetto.
Le sue fiamme, parlano d'amore!
Di un amore che quasi duole…
Il suo aspetto di dono del cielo,
Trasmette orgoglio a chi lo costruì.
Di notte o di giorno,
Non scegliamo il momento,
Non ha ora, è suspence,
Per liberare il monumento.
Là va egli, così pieno di sé… così adorato…
Egli sale, sapendo che là in basso,
Tutti lo ammirano, meravigliati.
Là va egli… così amato!
Seguito da ammirazione!
Ah! Se le sue fiamme bruciassero…
Brucerei unito con tutto il mio cuore.
Egli sale, sale così in alto,
È solo un puntino in questo cielo senza fine,
Egli ora è un ricordo,
Che sta dentro di me.
Questa poesia era in un volantino distribuito dalla Turma della Bruxa in occasione di un lancio aerostatico.

 

Oração do baloeiro
Creio em Deus todo poderoso
Creio no sol, na chuva e no vento.
E na policia que mantem a ordem.
Creio no papel 2a via, rotativo, estrangeiro ou nacional.
Creio na cola, no barbante encerado ou parafinado.
Creio na flecha, no vergalhão, no saco e no algodão.
Creio na guia, na lanternagem e no cebo.
Creio no gas, no maçarico e turma que ajuda.
Creio até no que vem do além.
Mas livrai-me da chuva, do vento e da polìcia, também.

Traduzione (di Enrico Maddalena)
Preghiera del baloeiro

Credo in Dio onnipotente
Credo nel sole, nella pioggia e nel vento.
E nella polizia che mantiene l'ordine.
Credo nella carta duplicata, rotativa, straniera o nazionale.
Credo nella colla, nello spago incerato o paraffinato.
Credo nell'asta, nel tondino di ferro, nel sacco e nel cotone.
Credo nella briglia, nella lanternina e nel cibo.
Credo nel gas, nel cannello e nella turma che aiuta.
Credo anche in ciò che verrà.
Ma liberami dalla pioggia, dal vento e anche dalla polizia.

IL PALLONE
S'aggonfia convinto
dall'aria rovente
il pallone sospinto
con petto potente.
E vortica e gira
che par di portento
e forma una spira
e solletica il vento.
In occhi fanciulli
giocosi e innocenti
si scorgono i brilli
dei colori lucenti.
Le feste terrene
van fino in cielo
al par di sirene
il canto leggero.
Petali e ardore
salgono al cielo
quando del fiore
si spezza lo stelo.
E musiche e danze
e gioie e speranze
accompagnano in alto
il cromatico manto.
Adamo Catena - Civitella del Tronto - Luglio 1998 -


Anima di Aerostiere
Ogni uomo ha dentro di sé un artista e un bambino, nascosti ed addormentati, legati, presi dalle preoccupazioni del mondo tetro e freddo che tesse maglie alla sua rete. L'anima, l'io e la bellezza interiore, così come la necessità di avere amici con cui condividere ciò che c'è di buono dentro di noi, è ogni volta più oppressa per il bisogno imperioso che si impone rude, impenetrabile e obbediente al protocollo dei modelli sociali, per non soccombere.
Essere aerostiere, è ricevere la grazia di liberare il bambino e l'artista che c'è dentro ciascuno di noi, estraendo ciò che si ha di più puro, potendo lanciarsi nello spazio, unito al pallone come alla propria ombra, come un grido di libertà che si gonfia ed esplode spontaneo, collettivo ed unanime in una comunità che si abbraccia e dimostra vera amicizia, indipendente da razza, da credo o classe sociale, nella ricerca di una sola comunione, della fratellanza, nella necessità del calore umano dell' amicizia vera e disinteressata.
Di incontrarsi nella purezza priva di ogni compromesso, che esiste in tutti i bambini, sopra i cieli, fatta di carta, colla, spago, fil di ferro e amore unendo i molti pezzi che escono da ciascuno di noi.
Avere un'anima da aerostiere è non lasciar morire il bambino che abbiamo dentro di noi, è cercare di trasmettere ai nostri figli i veri valori delle relazioni umane e che esiste ancora un mezzo per essere felici e far volare anche l'immaginazione in piena lucidità, senza uso di droghe, generando uomini che siano valorizzati per sé solo, per la loro interiorità, per la ricchezza di contenuti e valori che la sua anima può trasmettere, sia egli un ricco o un povero, uno sconosciuto o un uomo illustre, ma che sia infine un uomo capace di trasmettere amicizia, di sentirsi libero e pulito interiormente, irradiando amore e fratellanza.
Emiliano Martinelli - San Paolo - Brasile - Dicembre 1998

 

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